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Lo Scirè: Storia, imprese e tragedia [ di Alberto Rosselli ]

Vita operativa di uno dei più famosi sommergibili italiani della Seconda Guerra Mondiale.

... furono le esplosioni delle bombe di profondità dei nostri caccia a farci capire che a poca distanza dall’ imboccatura del porto di Haifa era stato individuato un sommergibile nemico...

Nell’ agosto del 1942, lo scrittore e politico israeliano Arie Luba Eliav aveva poco più di vent’anni e da circa due militava nelle file dell’esercito britannico in qualità di servente d’artiglieria costiera. Eliav, che in quella calda giornata si trovava al suo posto di guardia presso il pezzo numero 2 della batteria centrale antinave del molo di Haifa, fu uno dei testimoni oculari dell’ affondamento di uno dei più famosi sommergibili italiani operanti nel Mediterraneo: lo Scirè. L’unità, al comando del capitano di corvetta Bruno Zelik, aveva avuto l’ incarico di trasportare 10 sommozzatori, appartenenti al gruppo Nuotatori Gamma, a poche centinaia di metri dalla diga foranea del porto palestinese per consentire al gruppo di sabotatori di penetrare nello scalo e di minare con apposite mignatte esplosive le carene di alcune unità britanniche.
Si trattava di una missione rischiosa ma che rientrava ormai nella quasi normale routine dello Scirè: un’unità che già in precedenza, al comando del principe Junio Valerio Borghese, aveva compiuto diverse, pericolose missioni d’ appoggio ai maiali destinati a colpire le navi di Sua Maestà.
Nel corso della sua non lunghissima attività bellica, lo Scirè (un’ unità non modernissima da media crociera che dislocava in emersione circa 683 tonnellate e in immersione circa 856 tonnellate e che era armata, in origine, con quattro tubi lanciasiluri da 533 mm. prodieri e due poppieri, un cannone prodiero da 100 mm. e due mitragliere da 13,2 mm., ebbe infatti modo di distinguersi in più di un’ occasione. Questo sommergibile, uscito il 25 aprile 1938 dai cantieri OTO di La Spezia, apparteneva alla serie africana degli Adua a scafo semplice, con doppi fondi centrali. Il mezzo era lungo 60,18 metri e largo 6,45 ed era dotato di 2 motori diesel da 1.400 cavalli più due elettrici da 800 cavalli in grado di imprimergli una velocità massima di 14 nodi in emersione e di 7,5 in immersione. Lo Scirè aveva un’ autonomia in superficie di 3.160 miglia a 10,5 nodi e, in immersione, di 74 miglia a circa 4 nodi. L’unità, che disponeva di un equipaggio di quattro ufficiali e 40 tra sottufficiali e marinai, poteva immergersi fino ad 80 metri di profondità.
Poco dopo l’inizio del conflitto (10 giugno 1940), lo Scirè fu sottoposto ad alcuni lavori di ristrutturazione e adattamento per consentirgli di trasportare speciali mezzi d’assalto (gli SLC, Siluri Lenta Corsa, noti anche come maiali).
E nella fattispecie, sul ponte dell’ unità vennero installati dei particolari contenitori orizzontali a cilindro. Come è noto, le imprese belliche dello Scirè furono sempre indissolubilmente legate a quelle dei mezzi speciali: compito che comandanti ed equipaggio svolsero sempre con coraggio e perizia fuori dal comune.
Lo Scirè , al comando del capitano di corvetta Junio Valerio Borghese (futuro condottiero della Decima Flottiglia Mas), compì quattro importanti operazioni, se si esclude la prima, quella del 29 settembre 1940 contro Gibilterra, che venne annullata all’ ultimo momento da Supermarina.
Il 30 ottobre del ’40, lo Scirè puntò nuovamente su Gibilterra trasportando con sè tre maiali e i rispettivi sub: Birindelli e Paccagnini (Primo SLC), De La Penne e Bianchi (Secondo SLC), Tesei e Pedretti (Terzo SLC). La missione, tuttavia, non ebbe successo a causa dell’inadeguatezza tecnica dei mezzi e lo scafo del capitano Borghese dovette rientrare a La Spezia dopo avere coperto 2.000 miglia di difficile percorso e avere trascorso ben 40 ore in immersione continuata. Dei sei sub italiani, due (Birindelli e Paccagnini) vennero catturati dalle vedette inglesi, mentre gli altri quattro riuscirono a sfuggire al nemico raggiungendo a nuoto la costa spagnola (in seguito, grazie all’ intervento dell’ambasciata italiana, poterono essere rimpatriati). Nel maggio del 1941, lo Scirè tentò nuovamente di attaccare la munitissima Rocca inglese, ma anche questa missione non fu coronata da successo, sempre a causa dei difetti tecnici degli SLC.
Finalmente, la terza missione contro Gibilterra, quella del settembre del 1941, ebbe buon esito e le due coppie di sub (Catalano-Giannoni e Visintini-Magro) riuscirono con i loro mezzi ad affondare, rispettivamente, la nave da trasporto Durham e una moto-cisterna militare.
Nel corso di questa operazione, lo Scirè rimase una settimana in acque infestate da navi nemiche, in un raggio non superiore alle 50 miglia dalla base nemica. Come scrisse Borghese nelle sue memorie: (...) si trattò di un impegno severo che ci costrinse ad attraversare lo Stretto due volte nell’ arco di quattro giorni e persino ad affiorare ad appena due miglia dal porto nemico.
La quarta missione, che questa volta portò lo Scirè nelle acque antistanti la base inglese di Alessandra d’ Egitto, non soltanto riuscì in pieno, ma ebbe un’eco talmente vasta e clamorosa da giungere ai nostri giorni. Nel dicembre del ’41, i tre maiali (trasportati dallo Scirè ) pilotati rispettivamente da Luigi Durand De La Penne ed Emilio Bianchi, Antonio Marceglia e Spartaco Schergat, Vincenzo Martellotta e Mario Marino, riuscirono, dopo avere superato innumerevoli ostacoli, a minare e affondare le corazzate inglesi HMS Valiant e HMS Queen Elisabeth e una grossa petroliera da 16.000 tonnellate. Al termine dell’operazione, i sub De La Penne, Emilio Bianchi, Martellotta e Marino vennero catturati dagli inglesi, mentre Marceglia e Schergat riuscirono a riguadagnare il largo venendo recuperati dallo Scirè che li attendeva in un punto prefissato.
La quinta, fatale, missione del sommergibile italiano ci riporta al diario e alle memorie di guerra dell’artigliere Arie Luba Eliav. Tra il 7 e il 15 agosto del 1942, lo Scirè del capitano Bruno Zelik (che era succeduto Borghese, giudicato ormai degno di comandare l’intero reparto d’ assalto speciale della Decima Flottiglia Mas) avrebbe dovuto forzare le difese di Haifa se la sfortuna, questa volta, non avesse deciso di voltare definitivamente le spalle al glorioso sommergibile.
Ma scorriamo il drammatico e vivido racconto di chi con i propri occhi assistette alla fine dello Scirè.

" Quel giorno, (il 10 agosto del ’42, n.d.a.) ero servente al telemetro del mio pezzo quando vidi attraverso il binocolo tutta la scena. A non più di un miglio dall’imboccatura del porto scorsi quattro cacciatorpediniere inglesi compiere strane evoluzioni in circolo accompagnate dal lancio di numerose cariche di profondità. Compresi subito che le unità avevano intercettato un sommergibile nemico e che lo stavano costringendo all’emersione. All’improvviso, tra il frastuono delle esplosioni e le alte colonne d’acqua spumeggiante, vidi con chiarezza emergere, quasi verticalmente, lo scafo lungo e scuro dell’unità braccata. Ripiombato sulla pancia con un tonfo, l’unità nemica venne subito bersagliata dai cannoni e dalle mitragliere pesanti dei caccia che ne fecero scempio. Scosso dai colpi come un’animale ferito, il sommergibile fece uno strano balzo in avanti con la prora per poi adagiarsi su un fianco ed affondare rapidamente in un grande vortice. Solo il giorno seguente venni a sapere che, con ogni probabilità, l’unità affondata apparteneva alla Regia Marina Italiana.
Ancora oggi, lo scafo dello Scirè giace sul fondo del mare: una bara d’ acciaio che testimonia il tradizionale coraggio e lo spirito di abnegazione che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, sempre caratterizzarono l’agire dei marinai della Regia Marina Italiana.

Per gentile concessione di SUB.net Italia
Documento inserito il: 28/12/2014
  • TAG: sommergibile scirè, regia marina, decima mas, junio valerio borghese, seconda guerra mondiale, vita operativa, nuotatori gamma, mignatta, siluro lenta corsa, gibilterra, alessandria egitto, affondamento

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