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Quando Mussolini mi sfidò davanti a Hitler [ di Cancelliere Luca ]

Dalla Redazione della Rivista Sportiva

Pubblichiamo sul nostro giornale questo documento inedito dall’indubbio valore storico e culturale: si tratta di una lettera/racconto mai pubblicata prima e scritta da Vittorino Maselli, nato nel 1905 e maestro di scherma di Benito Mussolini nell’anno 1941. Da questo documento emergono particolari inediti che ci aiutano a scoprire peculiarità ed aspetti del carattere di Mussolini. Ringraziamo la famiglia Maselli per aver consentito alla redazione di Rivista Sportiva la pubblicazione di un documento così importante.
La Redazione

"Con questo articolo voglio illustrare un racconto lasciato scritto da mio nonno, Vittorino Maselli, nato nel 1905 a Pescolanciano, un paese del Molise. Ha esercitato per circa cinquant’anni l’arte della scherma e soprattutto è stato maestro di scherma di tanti nomi illustri. Inoltre, è vissuto nel periodo delle due guerre mondiali e nella seconda è stato mandato al Fronte Occidentale, 90° Reggimento di fanteria.
Dopo quasi cinquant’anni di attività lavorativa e di insegnamenti, decide di abbandonare l’arte della scherma. Lontano dalla voglia di sempre ha trovato la felicità di sentirsi libero e di scrivere. Non era certamente uno scrittore, ma per sfuggire alla noia scrive senza presunzione, con genuino istinto, cantando alla natura, ai luoghi dell’antico Sannio dove è nato.
Ha lasciato un libro di ricordi, parlando della sua famiglia, della sua fanciullezza, della sua arte, della sua scherma, dei duelli e degli episodi delle guerre vissute. Sulla massima “Conosci Te Stesso” pone le basi della sua consapevolezza, nella distensione dello spirito, considerando se stesso, il suo stato sociale e la sua forza.
In questo articolo descrive alcuni passaggi della sua carriera lavorativa, la sua passione per la sciabola, e soprattutto racconta il suo incontro con Mussolini e le lezioni di scherma date al Duce.
Il suo motto era: Molto sole, poche nuvole, nessuna tempesta.”

Andrea Maselli

Io, Vittorino Maselli. maestro di scherma di Mussolini
Ho esercitato fino ad oggi l’arte della scherma. Mi addestravo con spirito irrequieto anche in collegio a maneggiare la sciabola che per quarantasette anni di vita militare mi ha sempre accompagnato e che doveva farmi scegliere la professione di Ufficiale Maestro d’arme in S.P.E. Alle volte, durante gli assalti di scherma vorrei gridare non il solito Olè, grido distensivo che spesso si sente, ma il grido di vittoria che emettevano i guerrieri sanniti “Safinim” , perché sento di avere un granellino di sangue sannita.
Ciò che vorrei precisare, a costo di rimetterci anche la vita, nei tanti duelli svolti, senza farmene accorgere, non ho mai, mai usato la violenza che è la vera forza dei guerrieri sanniti. La sciabola è stata la mia passione. L’ho usata alla Scuola Allievi Ufficiali, all’Accademia di Modena, alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri a Roma, nei reparti della Legione Carabinieri di Roma, allo Squadrone Guardie del Capo di Stato – Corazzieri – dove ero effettivo, all’Accademia della Pubblica Istruzione – Ministero, alla Magistrale, all’Accademia della GIL, creando un’infinità di Maestri d’Arme, in qualità di Direttore al Centro Coni di Roma dove avevo alle mie dipendenze 19 Maestri d’Arme e 300 Allievi, unica scuola al mondo con tanti Maestri e Allievi. Da oltre mezzo secolo maneggio in sciabola.Il Maestro Pomponio, creatore della Scuola Italiana in Ungheria, il Grande Nedo Nadi, il granitico ed insuperato campione Agesilao Greco, mi vollero alle loro dipendenze. Oggi il mio braccio non è più valido. Maturo negli anni, ho messo le armi nella sacca. Guardando i luoghi natali mi sento attratto al riposo. Mi sento Sannita, Guerriero Sannita. Leggendo la storia del passato resto ammirato per la fortezza, per l’educazione spartana, per l’indole virtuosa, per il coraggio, per l’amore e per la fatica di quel popolo.
La sciabola mi esalta, mi da un senso di sicurezza. Parlarne mi avvedo di compiere un sacrosanto dovere non fosse altro che per l’onore che le compete del tempo pur glorioso dei duelli, nelle cariche in tempo di guerra e del gioco sportivo della scherma in campo nazionale e internazionale. Io Sannita ? Ormai l’idea è dentro di me. Spiritualmente vivo la vita di quel popolo. Ogni zolla di terra che calpesto al mio paesello è nel Sannio e mi da la sensazione di grandezza di quei guerrieri. Lascio alla mia fantasia, il godimento spirituale dei miei ricordi. Al grido di Safinim, sciabola alla mano su di un focoso cavallo alla maniera di Don Chisciotte, galoppo verso i ruderi di Santa Maria degli Vignali facendo affiorare con la sciabola magica tutte le grandezze del passato, quel passato che non è come un visitatore inopportuno cui si può chiudere la porta in faccia, nel cammino fantasioso delle illusioni.
Era l’anno 1941. Tenente in S.P.E., dalla Regia Accademica di Fanteria e Cavalleria di Modena, fui chiamato alla nascente Accademia di Scherma della G.I.L. Foro Mussolini in Roma in qualità di Maestro d’arme ai futuri Professori. In quel periodo fui comandato spesso ad impartire lezioni a S.E. Benito Mussolini, allora Ministro della Guerra, in una sala riservata al di sopra della piscina coperta del Foro.
Breve la lezione e poi assalti continui. Io, francamente, ne uscivo malconcio perché il Duce non conduceva le sciabolate con il taglio ma col piatto ed allora, pur effettuando la parata, la lama fletteva e mi produceva ferite sanguinolenti su tutto il corpo. Chi pratica la scherma di sciabola può benissimo comprendere. Durante gli intervalli avvenivano le discussioni sempre in tono alterato tra il Duce e il Maestro Muti.
Un giorno, presente anche il Comandante pilota Ettore Muti, dopo un assalto alla sciabola ho assistito ad una interessante ed animatissima discussione. Ancora oggi risento la voce imperiosa di Mussolini e quella accorata ma altisonante di Muti : “Non voglio più saperne dell’incarico che mi hai dato ed è ora di finirla”, mentre la voce imperiosa “Ma tu, non vedi e non vuoi vedere da chi sono circondato”. Volarono parole grosse e, mentre il Duce si asciugava il sudore, Muti con una spada in mano si agitava sempre gridando.
Nell’angolo della sala sedevo su di una panca con l’asciugamano sulla fronte sudata mentre pensieri profondi dominavano la mia mente. Avevo la sciabola in mano simbolo di potenza ma anche di amore e di pace che accendeva la fantasia anche quando Mussolini rivolgendosi allo scrivente si scusò per l’attesa, mi rivolse parole gentili, mi ringraziò e poi esclamava : “Maestro, non si può stare nemmeno tranquilli quando, praticando la scherma, si dimenticano le cose brutte !”. Ma nell’aria già aleggiava un’atmosfera burrascosa nel destino che stava maturandosi.
Il ritratto del Duce Mussolini, lo espongo fra i miei ricordi, non per fare apologia di un uomo passato alla Storia, ma per una doverosa affermazione verso un Personaggio che amava intensamente l’educazione fisica e la scherma. Mussolini praticava nuoto, equitazione e scherma, guidato dal suo Maestro Camillo Rodolfi.
Il Duce aveva un carattere aggressivo. I suoi occhi taglienti, penetranti, sprigionavano un fluido sconcertante. Non indietreggiava mai, voleva toccare il bersaglio, sentire la stoccata ma era generoso e cavalleresco. Le sue sciabolate, tirate con forza, pur essendo state parate dallo scrivente, si flettevano producendo sferzate che, purtroppo, lasciavano il segno.
Il Duce non era schermitore d’eccezione. L’arte il più delle volte lo metteva da parte. Il suo entusiasmo, la sua impietosa aggressività, gli davano tale carica, sicurezza e coraggio che la vittoria alla fine doveva essere sua. Aveva l’occhio acuto, penetrante, che incuteva rispetto. Questo accadeva quando praticava la scherma, ma normalmente aveva l’occhio buono, onesto.
Mussolini aveva sostenuto ben sei duelli sul terreno uscendone sempre indenne, nell’ultimo fu ferito ad un orecchio dall’Onorevole Treves, il figlio del quale, Paolo Treves, Onorevole, antifascista, socialista, di ritorno da Londra, facente parte dell’Assemblea Costituente Italiana, fu preparato ad un duello che può dirsi famoso e che appresso descriverò nei dettagli.
L’Accademia Fascista di Scherma fu voluta e fondata da Mussolini. Un ampio ed artistico edificio di Foresteria per gli Accademisti, giovani vincitori di concorso i quali, dopo tre anni di corso, andavano a coprire i posti vacanti nei vari Reggimenti dell’Esercito Italiano essendo stata soppressa la gloriosa Magistrale Militare di scherma della Farnesina.
L’accademia era presieduta dal valoroso Maestro Pomponio Antonino, vincitore di concorso e fondatore della Scuola di Sciabola in Ungheria. Successivamente si alternarono alla Presidenza il Campionissimo Nedo Nadi, il Grande Agesilao Greco e vari Maestri d’indiscusso valore. Dopo gli eventi bellici, questa gloriosa Accademia venne soppressa. Ciò mi fa pensare a quella meravigliosa Opera lasciata dal Duce e che rappresentava una gloria della scherma Italiana nel Mondo.
A suo modello e con lo stesso Decreto Legge, nacque l’Accademia di Scherma del Ministero della Pubblica Istruzione che, purtroppo, dopo undici anni di formazione di valentissimi Professori, venne inaspettatamente chiusa.
Ricordo Mussolini giunto all’Accademia di Scherma con tutto lo Stato Maggiore dell’Esercito (era Ministro della Guerra) e tutti i Gerarchi Fascisti, unitamente ad Hitler col suo seguito, per inaugurare il I° giorno d’insegnamento. Alla sua presenza, tutti gridarono “Saluto al Duce”. E anche questo particolare fa storia.
Per l’occasione volle tirare di scherma con suo Maestro Rodolfi e lo scrivente senza maschera limitandomi a parare soltanto. Mi difendevo da tutte le parti. Hitler gridava: “Basta Duce, Basta Duce”. Ma il Duce sfoggiava il suo carattere veemente tirando sciabolate non certamente con arte ed è più che naturale in quei casi eccezionali.
Mussolini aveva un carattere aggressivo ma anche buono e sentimentale e non posso ancora credere come un “uomo della provvidenza” abbia potuto fare quella brutta fine.
Quando gli feci le condoglianze per la morte del figlio, appoggiò la sua mano sulla mia spalla e, guardandomi fisso in faccia, pianse. Ho saputo che altre volte ha pianto.
Francamente, se dovessi dare un giudizio, nel bene lo ammiro per sempre, il Duce, uno sportivo. Nel male, non essendo all’altezza di parlarne, mi unisco indegnamente ai Saggi nell’affermare “Omnia Mundi Mundo”.
Mi ritrovato a Modena in qualità di S. Tenente Maestro d’arme, insegnante di quell’Accademia Militare. Durante i Giochi Sportivi denominati “Littoriali”, gli schermidori dell’Accademia trionfarono con tutte e tre le armi : fioretto, spada e sciabola. Partecipavano tutte le Accademie e Società Italiane. Erano stati da me preparati ed essendo stato trasferito da San Remo a Modena, il Generale Gariboldi confidava molto sulle mie possibilità. I successi vennero perché profusi in quella preparazione tutte le mie energie e la mia esperienza.
Evidentemente il mio nome risuonò alle orecchie del responsabile della nascente Accademia di Scherma della GIL in Roma per cui fui chiamato d’autorità e d’urgenza alla Farnesina. La sorte è stata compiacente. Mi ha fatto conoscere da vicino Mussolini. Mi ha fatto conoscere Sua Maestà il Re - per essere Ufficiale in S.P.E. nel reparto Guardie del Re - , il Quirinale, i Presidenti della Repubblica.
Chi pratica l’arte della scherma sa bene che è la più difficile di tutte le attività sportive. Il lavoro fisico forma lo schermidore ma quello mentale forma lo spirito e lo fortifica. Ne plasma il carattere. La sciabola è l’espressione tipica del carattere italiano dove i nostri campioni profondono l’impeto controllato della propria personalità e dove manifestano la carica di energie volte al conseguimento della vittoria.
Ho citato il nome di Mussolini nel duello specifico svolto con l’Onorevole Paolo Treves, figlio del famoso Treves deputato, celebre spadaccino che fu l’unico che in duello con Mussolini gli tagliò l’orecchio.
Essendo un personaggio passato alla Storia e che Storia. Desidero parlarne e descrivere le qualità intrinseche dell’animo e quelle sensazioni intime che si avvertono durante la lezione di scherma od un assalto alla sciabola od alla spada desioso di scavare nella profondità del sapere quel senso comune del vivere alla superficie dove sfolgorano le luci del bene visto che tutti lo considerano anche l’Uomo della Provvidenza.
Nella scherma vi sono azioni di seconda intenzione ch’io provocavo ad arte e che il Duce le sviluppava non riuscendo a toccare rammaricandosi e che cavallerescamente accusava paragonando le azioni di scherma come disciplina dei suoi concetti di uomo di Stato. Così ebbi modo di conoscere le sue idee, il carattere, l’intimo di se stesso aiutato anche da Ettore Muti quasi sempre presente agli scontri verbali. Avevo in mano una sciabola e subito si riprese l’assalto che si svolgeva sempre senza la maschera.
Io vi ero abituato avendo acquisito quasi una naturalezza per avere svolto azioni di duello in cinematografia (Registra Freda) nei diversi Film come “Pietro Micca, La Principessa Taracanova con Gino Cervi”, “In Casanova con l’atletico meraviglioso Gasman”, preparando nell’Amleto al Teatro dell’Opera di Roma ed altri film di cappa e spada. Mussolini non aveva un senso artistico. I suoi attacchi erano istintivi, pesanti, portati nella sua foga di voler toccare.
Sicuro della mia difesa sviluppavo la risposta facendola cadere sempre nella sua parata. Le sciabolate date con forza facevano flettere le lame che mi producevano dei segni sulla pelle, segni che volli anch’io produrre sulle sue braccia per maggior convincimento delle mie asserzioni ma quei segni gli davano una fierezza tale da rendere più lungo l’assalto. Attaccava gettandosi a stretta misura. Aveva lo sguardo tagliente, penetrante che aumentavano le mie attenzioni.
Quando dopo ore di assalto esclamava “Lei Maestro mi ha fatto affaticare”, eravamo due stracci con gli asciugamani impregnati di sudore. Entrambi avevamo i segni delle staffilate delle lame di sciabola sul torace e sulle braccia.
Il Duce era anche un buon cavaliere allenato dal Maresciallo di cavalleria, Camillo Rodolfi, uomo di fiducia della sua famiglia che, mediante un sotterfugio, da Milano, lo fece tornare a Roma (Acilia) dove risiedeva Donna Rachele e figli. Il Rodolfi era maestro di scherma. Gli avevo portato un cartello di sfida ad un Maestro di Livorno assieme al Dott. Rastelli della FIS. Era un fedelissimo del Duce che lo aveva nominato Console della Milizia.
L’Accademia di Scherma nel Foro Italico era un’Opera voluta dal Duce. Opera architettonicamente perfetta che tutti gli stranieri c’è l’invidiano. Ora in odio all’Autore è oggetto di risentimenti da parte di Personalità per la trascuratezza e la funzionalità deviata. Era nata per i Professori di Educazione Fisica i quali, mediante concorso di Stato, dopo tre anni di corso, raggiungevano i Reggimenti dell’Esercito Italiano. Dopo la guerra, la scherma nelle forze armate fu abolita ed i Maestri Ufficiali furono messi a disposizione. E’ vero che dopo nacque l’Accademia di Scherma della Pubblica Istruzione con lo stesso Decreto ma quella fu chiusa dopo undici anni d’attività.
Mussolini amava la scherma in special modo e la gioventù sportiva alla quale imponeva la cura del corpo con doveri e sacrificio proteggendola con grandi provvidenze di ordine politico e sociale. Ma gli eventi della vita mutano il destino dei popoli e, purtroppo, non si può ammirare in un uomo soltanto la passione per lo sport. Non essendo all’altezza di giudicarlo, dirò immeritatamente quanto affermano i Saggi : Omnia Mondi Mundo.


Si ringrazia la redazione della Rivista Sportiva, per l'invio ed il permesso alla pubblicazione di questo articolo
Documento inserito il: 02/01/2015

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