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La geopolitica del patto Molotov-Ribbentrop [ di Stefano Contini ]

Stalin esigeva che i francesi e i britannici riconoscessero l’aspetto militare di un accordo sovietico con i tedeschi: l’Unione Sovietica non avrebbe potuto difendere i polacchi dall’invasione tedesca senza entrare direttamente nel territorio della Polonia. Quest’ultima, a sua volta, era diffidente verso i sovietici e dal punto di vista giuridico temeva che le azioni tedesche e russe si sarebbero verificate sul proprio suolo senza una preventiva consultazione con i ministri del governo di Varsavia.
Dopo l’Anschluss, l’occupazione tedesca nei territori cecoslovacchi e in seguito all’occupazione italiana dell’Albania, l’instabilità della Jugoslavia e della Romania diventarono chiare a tutti; la Turchia e la Grecia erano direttamente interessate per ragioni geografiche e strategiche. La Romania aveva usufruito dell’appoggio francese, riequilibrando poi le forze con l’avvicinamento all’Italia nel 1926 ed in quel momento essa poteva contare solo sull’eventuale appoggio sovietico.
Nel 1934 la Jugoslavia si trovava anch’essa circondata da Stati nemici, soprattutto dopo gli accordi Mussolini-Laval che avevano delineato la linea della politica estera francese, non più favorevole a Belgrado ma a Roma. Il Principe Paolo, allora al potere, convocò Milan Stojadinović a governare nel 1935. Egli considerava fondamentale rafforzare i rapporti jugoslavi con i Paesi occidentali, ma il Principe deviò invece la politica jugoslava verso le potenze dell’Asse, per compensare almeno in parte le difficoltà dovute all’isolamento nazionale.
Nel 1937, il re Boris III di Bulgaria firmò un «patto di eterna amicizia» con la Germania. La divisione della Cecoslovacchia aveva portato benefici agli ungheresi e ciò portò al licenziamento di Stojadinović e all’allontanamento jugoslavo dalla potenza nazista. La Jugoslavia stava infatti mirando ad accordarsi con la Grecia, la Gran Bretagna e con la Turchia per poter orchestrare progetti militari in comune tra i Paesi. I Turchi naturalmente avevano ottimi motivi per rafforzare l’Intesa Balcanica, come anche la Grecia nazionalista guidata da Metaxas.
Nel 1939, nel mese di maggio il governo inglese e quello turco si accordarono per la difesa del Mar Mediterraneo orientale. Citando Di Nolfo: «il doppio binario seguito a Mosca dal maggio all’agosto 1939 era un punto di riferimento per la scelta di schieramento di tutti i Paesi dell’Europa danubiano-balcanica. Esso avrebbe rafforzato i difensori dell’ordine costituito, qualora l’intesa con gli anglo-francesi si fosse catalizzata; avrebbe incoraggiato i promotori del cambiamento, e specialmente gli elementi filonazisti al governo in Ungheria, nel caso contrario».
Hitler riteneva che la decisione sul primo attacco da sferrare dipendesse fortemente dal comportamento giapponese. Prima la Francia e l’Inghilterra o prima la Polonia? Se si fossero alleati Russia-Francia-Gran Bretagna contro Germania-Italia-Giappone, Hitler sarebbe stato costretto ad attaccare immediatamente i punti nevralgici delle difese inglesi e francesi. Il Giappone si sarebbe alleato con le forze dell’Asse soltanto alle proprie condizioni e solo in un momento nettamente favorevole per l’Impero nipponico. Il Führer decise quindi di attaccare subito la Polonia con la guerra-lampo e di preparare nel frattempo la guerra su più ampia scala verso l’Olanda, la Francia e il Belgio, per arrivare ad avere basi più vicine e adatte per poi sferrare l’attacco a Londra.
La Polonia doveva essere attaccata alla prima opportunità con un attacco progettato in segreto.
Hitler sentiva il bisogno per la Germania di intraprendere una guerra per dimostrare al mondo le proprie capacità strategiche, militari e politiche. Questa premura, tuttavia, lo portò a compiere degli errori di valutazione riguardo la solidità delle alleanze intessute dai tedeschi.
Il Führer impostò le proprie azioni solo considerando gli aspetti politici immediati e non quelli geopolitici ed economici nel breve/medio periodo. Aveva infatti sottovalutato le incertezze dei propri alleati, che poi avrebbero contribuito a trascinare il Terzo Reich verso la capitolazione. Il Patto d’acciaio aveva ingabbiato Hitler, ma solo limitatamente: le decisioni tedesche dovevano comunque essere vagliate da altri. L’alleanza con i giapponesi doveva, per i tedeschi, essere un mezzo strategico per attaccare le basi militari britanniche sparse nell’oceano Pacifico.
I giapponesi, a loro volta, ritenevano utile quest’alleanza per rafforzare la propria influenza nei territori cinesi e per allargare la proiezione della potenza giapponese verso gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Hitler non poté contare nel breve periodo su un’alleanza con l’Impero nipponico e decise quindi di intraprendere un’offensiva. L’ambasciatore italiano a Berlino fu il primo a rendersi conto delle avvisaglie di un imminente attacco nazista.
Il Führer non aveva intenzione di rivelare a Mussolini i propri piani d’attacco e il conte Ciano tentò invano di liberare l’Italia dal Patto d’acciaio. L’Italia mussoliniana non avrebbe quindi potuto partecipare all’attacco contro la Polonia, sia per l’impreparazione militare dei contingenti italiani sia per il tradimento di Hitler delle clausole dell’accordo. I giapponesi e gli italiani si trovarono quindi contemporaneamente indecisi su cosa fare dell’invito tedesco a far parte di un’alleanza e ciò convinse Hitler a cercare altre soluzioni.
Il Führer iniziava a percepire un isolamento tedesco, con più che i francesi, gli inglesi e i polacchi nel frattempo stavano rafforzando i rapporti interstatali. Il ministro Ribbentrop aveva chiesto agli italiani di appoggiare la causa tedesca verso i sovietici, ma il governo di Mussolini non venne poi più interpellato. Rimanevano aperti i negoziati russi con gli anglo-francesi e allo stesso tempo anche le trattative per un’intesa tra le potenze occidentali, la Polonia e la Germania contro i sovietici.
Stalin probabilmente aveva intenzione di guadagnare tempo per gestire meglio l’eventuale espansionismo tedesco verso i confini russi e non aveva alcuna intenzione di lasciare la Russia isolata dal punto di vista diplomatico. Un’alleanza con la Germania avrebbe potuto fornire particolari opportunità ai sovietici e va notato che Stalin difficilmente si sarebbe preoccupato di battaglie e guerre europee, interne al continente e combattute tra Paesi capitalisti e quindi ostili.
Le mire di Hitler puntavano ad essere il più possibile veloci, per impedire alle grandi potenze – Gran Bretagna e Stati Uniti – di concentrare le risorse dei propri sistemi produttivi nell’industria bellica per contrastare i tedeschi. La guerra-lampo in Polonia era l’ideale per attaccare immediatamente uno Stato, con l’appoggio di un alleato come la Russia a est.
Così, l’accordo Molotov-Ribbentrop prevedeva un reciproco rispetto territoriale (non aggressione), il divieto di aiutare un eventuale Stato aggressivo nei confronti dell’alleato, non allearsi con Paesi ostili ad uno dei contraenti e mantenere attive le consultazioni nel corso del tempo. Il protocollo segreto mostrava le concessioni di Hitler ai sovietici pur di sottomettere lo Stato polacco.
Le ripercussioni che l’accordo ebbe in tutte le nazioni europee sono sicuramente degne di nota. Né Hitler né Stalin si preoccuparono, rispettivamente, di tradire gli impegni presi e di prendere in considerazione l’opinione pubblica. Prima fra tutte, com’è comprensibile, la ripercussione riguardava la componente ideologica. Due Stati così diversi politicamente, sia dal punto di vista governativo sia da quello ideologico, si erano alleati, cosa che risultava inconcepibile per molti uomini di sinistra: il nemico, combattuto anche sul fronte spagnolo, sarebbe diventato presto un prezioso alleato.
In quegli anni, il protocollo segreto rimase tale, lasciando tuttavia intendere i possibili avvenimenti basandosi sulle dinamiche delle relazioni internazionali dell’Europa centrale. Gli italiani si trovarono nuovamente di fronte a una decisione – fondamentale – già presa da Hitler senza che Mussolini fosse stato contattato, violando le clausole del Patto d’acciaio. Il Duce riteneva di primaria importanza la lotta al comunismo e l’accordo favoriva la pressione dei russi verso i territori dei Balcani e della Romania, contrastando direttamente le ambizioni e gli intenti del governo italiano. Informato dell’accaduto solo il 25 agosto, Mussolini si dichiarò eventualmente pronto a schierarsi al fianco dei tedeschi in una guerra difensiva; una guerra generale, tuttavia, nata da scintille germaniche avrebbe spinto l’Italia a non schierarsi, a meno che Hitler non fosse stato immediatamente in grado di dotare l’Italia di mezzi strategici opportuni per fronteggiare il contrattacco anglo-francese. Lo stesso 25 agosto, il Führer venne a conoscenza del trattato di mutua assistenza stipulato dai polacchi e dai francesi.
Le firme di Ribbentrop e di Molotov su quei documenti avevano sancito la fine della politica di appeasement, dal momento che le potenze europee ostili alla Germania non avrebbero più adottato comportamenti passivi e indifferenti nei confronti di Hitler.
Attraverso l’accordo, il Führer trascurò comunque la possibilità di una crescita sovietica tale da poter creare problemi in futuro.
Documento inserito il: 29/12/2014
  • TAG: seconda guerra mondiale, patto ribbentrop molotov, spartizione polonia, patto acciaio, benito mussolini, adolf hitler

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