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Testimonianze dalla Grande Guerra 3a parte [ di Maury Fert ]

Renzo Re
Dopo una sosta di alcuni giorni l'attacco è ripreso ancora nei giorni 23 24 e 25 agosto 1916. Una compagnia del 59° (la 6a) riesce ad occupare le trincee del Piccolo Colbricon (TN), ma fatta segno a violentissimo tiro di repressione è costretta a ripiegare. Così il sunto del diario reggimentale.
Renzo Re è in retrovia e racconta quei giorni.

23 agosto
Questa mattina ci sarà l'azione: l'artiglieria è arriva sin dalle 4 del mattino, ora in cui mi alzo. Verso le 6 giungono i primi feriti della 6a: questa compagnia prende posizione fuori dalle trincee. Le bombarde spianeranno i reticolati e la fanteria andrà all'assalto. Fuoco dimostrativo a Cima Bocche.
Ore 7 e 30 fuoco intenso d'artiglieria che tira su Colbricon, scariche di fucilieria dai bersaglieri e 5a Compagnia. Tutte le armi in azione; il comando di battaglione è salito in trincea: s'ignorano i primi risultati dell'azione. La nostra artiglieria tira malissimo e alcuni colpi sono scoppiati sulle trincee e sopra di noi. Non comprendo la ragione di questo operare.

26 agosto
Trovo ora un po' di tempo per scrivere queste note: ci fu in questi giorni grande affluenza di feriti e nel registrarli e catalogarli non ho avuto un minuto di tempo. La 6a Compagnia al 24 di giorno è stata sotto il roccione immediato delle trincee austriache, quindi ha dato l'assalto ed è entrata nelle trincee nemiche ma in numero tanto esiguo che a dovuto abbandonarle. La nostra artiglieria e bombarde hanno tirato sovente sui nostri nella giornata del 25. Ci furono azioni dimostrative e qualche tentativo di controffensiva austriaco. Oggi giornata tranquilla.

27 agosto
Come sopra, sono scesi molti feriti da pallottole esplodenti che hanno un effetto terribile e bisogna amputare gli arti toccati: hanno buchi di circa 5 cm di diametro se si pigliano questi austriaci si fucileranno tutti. Ho ricevuto una cartolina molto fredda d'Ausonia: che sia in collera con me? Spero di no. E' giunta notizia che avremo un mese di licenza in ottobre. Sarà vero?

28 agosto
Nulla di importante.

29 agosto
Questa sera credevo già di aver detto addio alla vita: tante varie cannonate mi scoppiarono vicino. All'infuori di ciò nulla di nuovo.

30 agosto
Si apprende l'entrata in guerra della Romania e la nostra guerra alla Germania. Che la pace sia vicina?


Ludovico Caprara
Gli Squadroni del Reggimento "Genova" Cavalleria sono acquartierati a Sevegliano (UD) vicino a Palmanova. Il cavallo di Ludovico Caprara si chiama Oronte: è l'alba del 24 maggio 1915.

Il Capitano Conte Giusti ci riunì in quadrato e ci disse brevi e concise parole: - L'ora è suonata dalla mezzanotte siamo in guerra con l'Austria -.
Poi sguainò la sciabola e con un gesto indicò la via...marsc...
Si levarono nella mattinata chiara di maggio le lucide lance del Genova Cavalleria. Era l'alba del 24 maggio 1915. Dopo pochi minuti ci trovammo di fronte alla barriera di rete metallica alta più di 4 metri con i campanelli alle estremità superiori. Gli zappatori tagliano con le pinze i fili di ferro e il confine è per sempre abbattuto. Vecchio infelice confine d'Italia.
Il sole comincia a levarsi, le belle contadine invece di recarsi ai campi ci guardano in cagnesco. Da ben 15 giorni vivevo senza notizie dal resto del mondo. Non avevo allora che la bella età di 20 anni e mezzo e la nostra bella Patria mi chiedeva già la vita.
La fanciullezza per me non è esistita: l'adolescenza tormentosa e piena di disagi lontano da casa solo senza mezzi ecc... La gioventù mi condusse verso la guerra, risultato: dopo otto mesi di istruzioni a cavallo cercavo come premio la morte.
Entusiasmo ne ho avuto sempre poco, il disagio mi era insopportabile. Intanto le popolazioni di confine erano allarmate e già cominciavano carri e carretti a fuggire con masserizie verso l'Italia e verso l'Austria.


Giovanni Givone
E' la notte tra il 23 e il 24 maggio 1915 l'Italia ha appena aperto le ostilità contro l'Impero Austroungarico. Racconto dell'esplosione di una polveriera a Monte Toraro (VI) il 24 maggio 1915.

24 maggio
Alle 3 e mezza del mattino sveglia.
Alle 4 il Forte Mulon apre il fuoco.
A mezzogiorno il bombardamento continua.
Alle 4 del pomeriggio calma dalle due parti.
Nella notte i nostri forti aprono un fuoco intenso.
Gli austriaci rispondono ad intervalli.

25 maggio
Il bombardamento continua da ambo le parti.
Fò parte di una pattuglia di esplorazione.
La seconda compagnia fa sei prigionieri. Alla sera il bombardamento continua. Gli austriaci rispondono con violenza parecchi SHRAPNEL scoppiano sul Monte Toraro. Sotto l'intenso fuoco nemico una squadra della seconda compagnia abbandona il fuoco. Lì hanno due morti e cinque feriti.
Alle 4 si calma e si riprende nella notte.


Giovanni Arru
Giovanni Arru emigra negli Stati Uniti nel 1913 e in breve tempo riesce a trovare un buon impiego in una fabbrica di ghiaia. Ma arriva la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria e la conseguente chiamata alle armi.

"Dopo due anni del su detto lavoro ecco la famosa guerra 15-18 quindi la chiamata alle armi di parecchie classi fra le quali anche la mia. I giornali non facevano altro che dire che chi era all'estero e non rientrava alla chiamata veniva dichiarato renitente e quindi non poteva rientrare in Italia prima di 30 anni, ed io dico la verità: non me la sentivo di rimanere fuori Patria e allora pensa e ripensa rientrare o no. Parlando con i capi della compagnia del lavoro che mi volevano tanto bene per due mesi mi dicevano Gioanni non rientrare in Itali, finita la guerra finito tutto e quelli che rientreranno e rimarranno in America a fine guerra saranno amnistiati e potranno rientrare in Italia prima di quelli che saranno rientrati a fare la guerra, se non rimangono uccisi. Ma sempre tra il sì e il no ha vinto il primo, ma il pentimento è venuto subito dopo l'arrivo in Italia perché mi hanno mandato al fronte di guerra senza farmi andare a vedere i miei cari di casa."


Giuseppe Rossi
La guerra sta per essere dichiarata. I soldati della Brigata "Brescia" sono ad Alvisopoli vicino a Portogruaro.

"Alla mattina del 23 maggio 1915 alle ore 3, ordine di levare le tende e avanti marcia per Muzzana. Era proprio il bel giorno di Pentecoste. Da Alvisopoli a Muzzana c'era circa una quindicina di chilometri. Si arrivò alle 11 ma che calore, un polverone da non dire e quindi una sete del diavolo: qualcuno si gettava a terra. Strada facendo le persone venivano col secchio pieno d'acqua sulla strada e si beveva colla tazza alla mano intanto che si passava. A Muzzana si piantò le tende e ci fermammo fino alla sera del giorno 24, ma nella notte del 23 a 24 si cominciò a sentire il cannone a tuonare: la prima notte di guerra.
Alla sera del 24 si andò all'avamposto nelle trincee a Cascina Franceschini. Appena arrivati andammo subito in cerca di latte e in una casa ne comprammo un litro: una gavetta piena 4 soldi, me ne feci una scorpacciata. Un giorno d'avamposti, alla sera del 25 ordine di proseguire fino a San Giorgio di Nogaro. Zaino in spalla via e si arrivò all'imbrunire. Piantammo le tende sulla piazza della fiera poi scappammo in paese per trovare da mangiare, per trovare del latte, ma nulla, c'era troppi soldati dappertutto."


Giuseppe Rossi
Il Reggimento di Giuseppe Rossi, il 19°, ha varcato la frontiera con l'Impero Austro-Ungarico a Cervignano 2 giugno 1915.

"Basta, arrivò la mattinata e venne ordine di tornare di nuovo a Cervignano. Via le tende e zaino in spalla. Ci fermammo a frazione Capo di Sopra a mangiare il rancio e poi via di nuovo: si arrivò verso le 3 del pomeriggio. Piantammo le tende in un giardino di una bellissima villa pieno di frutti e fiori e nella villa c'era il comando del reggimento. Lì ci fermammo 2, 3 e 4 giugno. Alle due del pomeriggio del 4 in marcia di nuovo verso il paese di Versa. Strada facendo giù un temporale e ci rinfrescò bene. Arrivati sul posto, in un prato ci mettemmo a dormire nell'erba tutta bagnata come le bestie, perché a mezzanotte si doveva partire. A mezzanotte il rancio, pasta e carne, io tutte e due non ne tocco neanche una. All'imbrunire partimmo e ci trasferimmo in un paese di Medea e ci si stette tutto il giorno. Riguardo il mangiare era peggio di quello dei maiali. Un po' troppo salata o un po' troppo senza sale, un po' bianco come la pasta da appiccicare i manifesti mai poi pazienza darne sufficiente nella gavetta erano due dita. Poi c'era la carne, c'era da tirare come un mulo e se si guardava, non si doveva nemmeno mangiarla. La gettammo giù per terra e poi dentro nelle marmitte poi quasi sempre due ranci con 2 ore d'intervallo uno dall'altro e poi per 36 o 48 ore non si vedeva più nulla. La pagnotta era sempre tutta ammuffita che non si poteva nemmeno mangiarla: era una vergogna, bisognava saltare i pasti come i cammelli. Poi per l'acqua, tante volte si prendeva nei fossi. Comperare non si poteva: non c'era più nessuno. La popolazione era tutta scappata fuorché le famiglie italiane, ma di uomini e giovani ben pochi, qualche vecchio."


Paolo Capecchi
E' il 27 maggio 1915 il soldato Paolo Capecchi è appena arrivato al fronte con il 70° Fanteria e ha subito il battesimo del fuoco. Scrive ai genitori una lettera piena di ingenue rassicurazioni per tranquillizzarli sulle sue condizioni di salute. La scrittura è stentata e sgrammaticata.

"Passo Monte Croce (BL) 27 maggio 1915
Cari Genitori
Io di salute sto bene e così spero che sarà di voi.
Non so come mai io non sono o mai avuto nissuna risposta da voi forse non sarà colpa vostra perché io sono un po' qua e un po' là prima mi credevo di restare Arezzo e poi il destino volle che mi mandarono quassu e prima mi misero alla quinta compagnia poi alla 12a ed ora mi mettono nella nona e per questo certo che non o avute.
La sera de 24 alle ore 5 e tre quarti sparo la prima cannonata austriaca nelle nostre trincee e seguito tutta la notte.
Le prime cannonate messero un po' di timore nel vedere qualche morto e un po' di feriti ma poi la mattina del 26 ci svegliarono un foco rapidi di cannone nel nostro accampamento ma non successe nissun ferito.
E a me mi sembrava essere alla festa all'emeta giusto pare la medesima posizione e le cannonate i mortaletti d'allegria poco differente ma ora sono 24 ore che non si è inteso il rombo e nessun movimento non ve la pigliate che tutto passa e presto o speranza di essere insieme io credo che il peggio sia passato.
Quando mi crivete fatemi sapere cosa dicono i giornali e cosa fanno ne l'altri posti.
Fatemi sapere se Elzeario è guarito e d'ogni cosa di voi tutti.
Non mi resta altro che salutarvi e tanti ne farete o Ottaggio e famiglia e diteli che scusi se non li ho critto ma al quanto prima li crivero. Fatene tanti a Maria da parte mia e di Ferruccio che sta inun'ottima salute a Rotiglio e famiglia e tanti a chi domanda di me e ricevete un'affm dal vostro figlio
Paolo "


Giuseppe Garzoni
La guerra per Giuseppe Garzoni come per milioni di italiani inizia con una lettera assicurata

Fui richiamato il giorno 16 maggio del 1915. Io mi trovavo ad Albenga aspettando di giorno in giorno di essere richiamato. Il giorno di domenica, il 16 maggio, ritornando dalla città trovo il mio padrone il quale mi diede delle lettere tra le quali un'assicurata e l'altra della mia adorata. La sicura conteneva dentro il foglio di richiamo alle armi. Ad un tratto divento pallido guardandolo chè il richiamo è per il giorno 16 al distretto. Poi mi metto a leggere la lettera proveniente dal babbo il quale mi porta molte parole di conforto e di coraggio. Ma il cuor mio si rammarica in tal modo che avevo perso tutto l'appetito. Forse erano le 11 ore del mattino quando io presi le due lettere me ne andiedi a casa. Il mio padrone mi chiese che cosa c'è di nuovo e io gli rispondo:" Son richiamato alle armi. Quando? Sullo istante. Allora te ne vai certo sei dispiacente. Certo non vuoi che sia dispiacente." E lui con un sorriso quasi di piacere essendo di 3a categoria sperando di non partecipare alla guerra mi dice: " Mangia mangia non avvilirti per questo." Io mi misi a tavola ma magiare non potevo. E non mangiai nulla. Bevvi mezzo litro di vino e poi basta. All'una dopo mezzogiorno partii e andai a trovare il fratello Angelo distante da me mezz'ora. Andiedi e lo trovai e gli dissi:" O caro fratello ho una brutta novità da raccontarti. Cosa hai di nuovo? Sei forse richiamato alle armi? Sì magari non fosse vero. Ma cosa vuoi ci vuole coraggio. Meglio così che mutilati. Speriamo che non sia lunga o vogliamo sperare." Poi ci prendiamo su e ce ne andiamo in città col cavallo. Ci mettiamo a bere e a mangiare assieme. Durante la nostra compagnia e i nostri discorsi io dicei di non venire a casa e di andare direttamente al distretto. Allora su questa parola il fratello mi disse: " Vai a casa prima a vedere la mamma che sai che pensa tanto per noi. Mi faresti un grande dispiacere pure a me che son tuo fratello che oggi ti vedo e poi forse non ti vedo più e te vorresti andare senza andare a salutare i genitori in guerra forse." Allora io fui costretto a dirgli di sì e che vado e che stia tranquillo e sicuro che io andrò. Trascorso il tempo si fa tardi lo accompagno a metà strada sono le nove ore quando ci siamo lasciati. "Buona sera Bepo domani mattina torna pure a salutarmi. Vuoi che parto senza venirti a salutare." Domani mattina alle ore 6 son là. Buonasera Angelo. Buonasera Bepo. Sciao." L'indomani di mattina mi alzo senza aver potuto chiudere un occhio in tutta la notte. Sono le 4 di mattina mi vesto metto via la mia roba portando con me l'ombrello il rasoio i polsini e le altre cose per consegnarle al fratello. Sono le cinque. Alle 5 e mezzo arrivo dal fratello. Il fratello già stava al lavoro. Alla prima chiamata lui mi vede e mi risponde e poi mi viene incontro. "Buongiorno! Buongiorno ti consegno questa roba qui e poi ti farò una lettera la quale tu devi conservarla chiusa fino al mio ritorno e se disgraziatamente dovessi morire in guerra la potrai aprire assieme alla famiglia." Poi ci salutammo con le lacrime agli occhi. Ambedue: "Arrivederci! Arrivederci" E vedi di andare a casa a trovare la mamma. Sì." Dunque Arrivederci. Addio Bepo. Coraggio."


Paolo Ciotti
E' il 25 maggio 1915: dalla mezzanotte del 23 l'Italia è in guerra contro l'Austria. I primi reggimenti tra i quali il 116° Fanteria di cui fa parte il Sott. Paolo Ciotti marciano verso il nemico.

"Dove si va? Arrivano ordini e contrordini per cui nessuno conosce la destinazione precisa. La marcia è lunghissima: io che non porto nulla con me non so capacitarmi come i soldati faranno a portare addosso il pesantissimo zaino. Facciamo parecchie soste di dieci o venti minuti ciascuna e ogni volta ne approfittiamo per dissetarci e per ammirare il panorama che di mano in mano diventa più suggestivo. Ma una sosta non ci voleva: quella di Campiello. Fu ridicola e quale dimostrazione dell'imperizia di alcuni nostri ufficiali superiori vale la pena di ricordarla. Giunti presso Campiello il rumore di uno scoppio vicino mette tutti in sobbalzo. Il Comandante del Battaglione Ten. Col. Piselli che trovavasi in testa dà immediatamente ordine che tutto il battaglione si metta a terra e che nessuno si muova. Forse il nemico, pensa, potrebbe vedere e sparare ancora, ma quel pover'uomo non pensava che lo scoppio su accennato non poteva essere stato determinato da un proiettile avversario, se avesse consultato la carta avrebbe capito che il nemico era distante per lo meno una trentina di chilometri....! Il colpo, si seppe poi, fu causato da uno scoppio di mina. Ce lo dissero alcuni operai che incontrammo dopo lungo la via!"


Giovanni Presti
Il Tenente Giovanni Pesti comanda una compagnia del 71° Fanteria. Il 24 maggio 1915 è in Val d'Astico (VI) sulla linea del fronte.

28 maggio 1915
Non solo io ma anche miei soldati sono protetti da una forza misteriosa. Ancora non abbiamo avuto che un morto e un ferito in due piccoli scontri. Io sono attendato tra le rocce perché le mie trincee erano fatte bersaglio ai tiri dell'artiglieria nemica. Tutta la notte sto a fare lavori di rafforzamento presso la linea di confine e mentre tutti i forti che mi circondano mandano in uno strazio di atmosfera un inferno di distruzione, sento tutta la tragica poesia della guerra. E io non capisco come in un delirio di fuoco, tra la grandine di proiettili che fa affluire tutto il sangue dell'esistenza al cervello, mi confonde e rasserena placido come un mattino sul mare il tuo sguardo luminoso. E non so se il pensiero pecca contro la Patria, ma a me pare di combattere per te. Il fulcro di idealità che la mente sogna in momenti di conquista si ricongiunge con il tuo pensiero e si consacra in una fede più potente, in una speranza sublime. Siccome qui i viveri difettano per le difficoltà del trasporto essendo i muli stati fatti segno dei colpi d'artiglieria, un mio caporale maggiore è penetrato oltre il confine e ha portato un vitellino che ho fatto cucinare per i miei soldati e una capretta che è tanto simpatica e che ho conservato per te. Un ricordo vivente della guerra la prima conquista: intanto si fa notte e mi accingo a scendere giù a giocare di schermaglia coi pochi uomini che mi stanno di fronte. Spero stanotte di fare qualche cosa di più dell'ordinario. Tu intanto prega.

Arsiero 4 giugno 1915
Contentati di questi poveri foglietti: cosa vuoi, qualunque riserva qui si esaurisce e non c'è che qualche camoscio, qualche vipera, qualche uccello di rapina, qualche proiettile di artiglieria, per potermi rifornire di carta...
E qui sulla nuda terra, di notte, al fioco lume di candela, tra il grandinar degli shrapnels ti scrivo questi foglietti scarni...
Il pericolo? Sarebbe un tradimento il nasconderlo: il mio reparto è il più esperto perché ogni giorno è a contatto con il nemico e ogni giorno facciamo a fucilate...Ieri hanno ucciso il caporale maggiore che mi portò la capretta di cui ti parlai...
Se tu mi mandassi una bandierina vorrei essere il primo a piantarla sulla cima più alta e poi a Trento.

5 giugno 1915
Nel pomeriggio di ieri un soldato s'era sporto un po' dalla sua buca vicino alla mia per scrivere chi sa con quale affetto a qualche suo caro. La seconda pallottola di un cecchino l'ha ucciso.

8 giugno 1915
Come vagano la palle e gli shrapnels sulla mia testa in questo fragore di guerra... Oggi il forte Belvedere mi ha buttato giù una trincea. I miei soldati però erano attendati. Ad una trincea ho messo il tuo nome. Son sicuro che resisterà ad ogni tentativo di occupazione nemica.

10 giugno 1915
Sono le undici di sera e mezzo insonnacchiato come sono mi giunge l'ordine di andare a fare una ricognizione offensiva con i miei uomini fra Casotto e il Belvedere, il terribile forte austriaco. Debbo varcare il confine cioè l'Astico stanotte alle tre. Appena ritornerò, se ritornerò, ti scriverò.

11 giugno 1915
Sfortunatamente stanotte non potrei spedirti la presente. Non so, mi sembra di aver ritrovato la vita o di viverne una differente. Non so se da questo momento finisce la realtà o comincia il sogno o viceversa. Passato l'Astico all'ora stabilita avevo salito quasi 3 km di strada in montagna straniera, quando dal fronte mi giunge una nutrita scarica di fucileria che non mi impressiona e da sinistra al Belvedere una pioggia di granate. Quelli che osservano da lontano ci credevano tutti morti invece ho ricondotto i miei uomini con un solo ferito da una scheggia di granata. Figurati la gioia dei nostri. Il maggiore e il capitano mi hanno proposto per una ricompensa al valor militare.

20 giugno 1915
Stamane ho ricevuto la tua piccola bandiera di seta... Domani partirò da questi luoghi dove lasciai brani di vita. La guerra, le prime impressioni, il battesimo del fuoco, intrecciati a spasmi e sospiri. Mi domandi spesso come sto. Ecco, in guerra quando non si muore e non si è feriti, si sta sempre bene, perchè gli uomini gracili, facili alle malattie, non vengono in guerra ma fanno servizio in città.


Gino Frontali
Il Sottotenente Medico ha appena raggiunto il suo battaglione in Cadore maggio 1915.

"Verso mezzodi' sono giunti al comando due soldati austroungarici catturati sulla fronte del 2° battaglione. I soldati nostri che li accompagnavano erano raggianti. Una folla di curiosi assiepava i due prigionieri: l'uno sui vent'anni, alto, imberbe, col viso tutto coperto d'una lanuggine bionda; l'altro piccolo, mingherlino, barbuto come un capro, dall'apparente età di 40 anni. Avevano una divisa grigio-perla eguale che lasciava uscire un palmo di braccia dalla maniche al giovane, mentre il più anziano aveva dovuto rimboccarle. Portavano il berretto informe schiacciato in varie guise, non avevano cravatta e il colletto della giubba era agganciato sul collo sporco. Le scarpe erano rappezzate ma evidentemente solide. Ed essi portavano un paio di larghe uose di forma sgraziata che sembravano però più pratiche delle nostre mollettiere. A richiesta del Sig. Colonnello essi mostrarono dei piccoli tozzi di pane che tenevano in tasca: erano neri, durissimi, di odore acido e sulla superficie di frattura presentavano un colore bruno scuro nel quale risplendevano pagliuzze di varie dimensioni. Uno dei nostri fanti presente alla scena, dopo un po' di esitazione si fece avanti ed offerse ai prigionieri, con garbata semplicità, una bella pagnotta nostra d'un chilo: la sua razione per quella giornata. Da quel momento in poi i prigionieri furono fatti segno ad innumerevoli cortesie spontanee da parte dei nostri fanti. Li vidi più tardi brontolare fra loro con risa stupide, mangiando la nostra minestra fumante da gavette e fumare allegramente le nostre sigarette "Macedonia".


Aldo Bardi
Aldo Bardi è alla stazione di Campo di Marte di Firenze, ha sulle spalle uno zaino che pesa 30 kg e sta per partire per il fronte. Nella sua memoria indica come data di partenza gli ultimi giorni di marzo del 1915. I diari del Reggimento riportano la metà di aprile come data in cui la brigata lascia Firenze. In entrambi i casi la dichiarazione di guerra ufficiale è lontana ma l'Italia sa già che entrerà in guerra.

"La notte del 29 partimmo per Sedico Bribano (BL) dove giungemmo il mattino del 30 marzo. Qui, con nostra vera soddisfazione, caricammo gli zaini su carri privati appositamente noleggiati e portando su noi l'armamento e tascapane c'incamminammo per Agordo, cittadina di qualche importanza sull'Alto Cordevole e distante circa 30 km. Affrontai quella tappa per me esagerata con ogni buona volontà e subendo l'incoraggiamento, come incoraggiando senza render palese la mia stanchezza giunsi con il 1°scaglione ad Agordo. I miei piedi sanguinavano e per due giorni non fui capace di muovermi dal mio caratteristico giaciglio. Mi fecero la medicazione del caso ed il 3° giorno fui in grado di riprendere servizio. Si fecero delle esercitazioni alle quali partecipai con vero zelo ed in pochi giorni raggiunsi il comune allenamento e parimenti ai più forti miei compagni sopportavo senza più soffrire le non lievi fatiche."


Renzo Re
Il Reggimento di Renzo Re, il 59° Fanteria, è partito il 15 maggio da Civitavecchia e il giorno della dichiarazione di guerra è alla Certosa di Vedana (BL)

22 maggio 1915
Partiti da Trichiana di buon mattino dopo varie tappe faticose siamo arrivati a Belluno e proseguito per Mat ove alloggiamo alla Certosa di Vedana. Arriviamo molto stanchi.

23 maggio 1915
A mezzogiorno apprendo che l'Italia ha dichiarato guerra all'Austria: alla sera è soppressa la libera uscita. Nella chiesetta del convento un frate richiamato incoraggia i soldati: questi frati sono veramente ottima gente, danno caffè e latte agli ammalati, danno anche rosari e libri di preghiere.

25 maggio 1915
Siamo partiti per Agordo ove arriviamo verso mezzogiorno: molto ammirata la strada incassata tra i monti selvaggi e una cascata stupenda. Ci attendiamo in un luogo pittoresco; ho ricevuto un giornale da casa: che le lettere siano smarrite? Scrivo queste note di sera sotto la tenda con un incanto di luna. Stanotte farà freddo, la pineta è all'estremità del campo e più su la neve candida.

26 maggio 1915
Riposo e pulizia personale.

27 maggio 1915
E' passato il primo convoglio di prigionieri austriaci accolti da evviva da tutto il campo. Questa sera ho spedito due cartoline a casa e all'Ausonia.

28 maggio 1915
Pioggia dirotta: spero che cessi presto se no non so come passeremo la notte.

29 maggio 1915
Giornata di riposo: stamattina è passato il Re per un giro d'ispezione.

30 maggio 1915
Sono trascorsi 5 giorni e ancora non si vede posta per me: poco importa ma a casa mia staranno in pensiero per questo silenzio. Alla sera al solito bar Agordino un luogo bello e di poca spesa come mi occorre perché aspetto un vaglia da casa.

31 maggio 1915
Oggi finalmente è arrivata la posta. Ho ricevuto 3 lettere: due da casa e una dall'Ausonia. Domani risponderò subito. Tempo pessimo, tanto che non si fa la solita chiamata.

1 giugno 1915
Stanotte ha diluviato: per fortuna che la tenda l'abbiamo fatta bene, l'acqua scroscia sulla tenda che mi dà l'impressione di essere molle d'acqua. Oggi ho scritto a casa e a mezzogiorno leviamo le tende e andiamo accantonati in un'osteria: lì siamo alloggiati da signori.

2 giugno 1915
Ieri ho scritto all'Ausonia niente di nuovo

3 giugno 1915
Stamattina abbiamo lasciato Agordo e costeggiamo il Cordevole. Siamo venuti ad Alleghe, un piccolo paese con un grazioso laghetto. Siamo accantonati a Delle Grazie a 1050 m sul mare, dormiamo in soffitta in compagnia di bestie varie, il fieno è abbondante ma l'aria filtra dappertutto e il pavimento è molto mobile: si arrischia di precipitare.

4 giugno 1915
Siamo svegliati dal cannone che tuona a 5 km da qui. Dopo pranzo vado sulla collina per vedere i forti austriaci con un cannocchiale. Trovo l'amico Archenti che viene a dormire con me. Il canone tuona sempre.
Documento inserito il: 03/05/2015

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