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L'equipaggiamento del Regio Esercito nella Grande Guerra [ di Maury Fert ]

L'UNIFORME
Era composta dall'elmetto Adrian mod. 1915, giubba mod. 1909 in panno grigio verde con mostrine sul colletto che identificavano il reggimento di appartenenza, pantaloni lunghi in panno grigioverde con lacci di tenuta alla fine su cui arrivavano le fasce mollettiere.
La giubba era indossata generalmente con cravatta a solino bianca su camicia bianca e gilet di panno grigioverde, celati da sovrabottoniera. Sulla giubba di rinforzo al livello superiore delle spalle e gli spallini detti anche salamini o salcicciotti e manopole a punta che avevano la funzione di evitare lo scivolamento lungo le braccia del fucile portato in spall arm o movimenti delle cinghie del tascapane e dello zaino e dei vari componenti dell'equipaggiamento. Sugli spallini era riportato il numero della compagnia con ricamo bianco su quadrato nero.

L'ELMETTO
L'Italia al momento dell'entrata in guerra contro gli Imperi Centrali non disponeva ancora di un elmetto per le proprie truppe e venivano impiegati i berretti di fanteria, la "lucerna" dei Reali Carabinieri, il "moretto" da Bersagliere, l'elmo dei Corazzieri e i colbacchi della Cavalleria.
Tra l'ottobre e il novembre del 1915 apparvero sul fronte italiano i primi elmetti francesi ADRIAN mod. 1915. Avevano i fregi francesi, la tinta originale grigio-blu e vennero consegnati inizialmente nel numero di 6 per compagnia.
Successivamente, per uniformarli con la tinta della divisa mod. 1907, parte degli Adrian fu dipinta in grigioverde, conservando lo stesso sistema dell'imbottitura francese ma di diverso materiale e cioè non più di pelle nera e di feltro grigioazzurro, ma di pelle marrone e di feltro grigioverde e sprovvisti di fessure per l'inserimento del fregio. Nel 1916, l'Adrian fu costruito interamente in Italia in due pezzi anziché in quattro, in modo che la calotta e le falde fossero tutt'uno e la crestina saldata elettricamente. Nonostante derivasse da quello francese, l'Adrian italiano era di qualità inferiore perché la sua resistenza era minore e le rifiniture erano meno accurate. L'imbottitura poteva essere di pelle marrone con feltro grigioverde oppure di tela cerata con feltro grigiobianco.
Sul alcuni documenti ufficiali tale elmetto è chiamato "elmetto Lippmann", ma dato che il Giornale Militare Ufficiale non lo chiama in questo modo, ma dal giugno 1937 lo classifica addirittura come mod. 1915, è quindi preferibile classificarlo come mod. 1915-16. Durante la Grande Guerra esso sostituì gradatamente il modello francese 1915, ma entrambi accompagnarono il fante anche nel dopoguerra.
Come per la Francia, anche in Italia furono applicati agli Adrian degli accessori protettivi come la maschera protettiva "Dunand", di produzione francese e il paraorecchi Lippmann. Questi ultimi erano delle piastre metalliche protettive provviste di imbottitura, applicate all'elmetto tramite un cinturino di cuoio marrone, venivano sorrette da due passanti metallici.
L'uso dei fregi fu abbastanza comune: dipinti a mano o a mascherina di colore nero. Ne esistevano un'enorme varietà in quanto all'epoca non esisteva una normativa ufficiale codificata e spesso si seguivano criteri di reparto.
L'elmetto veniva equipaggiato anche di telini mimetici in tela bigia ricavati da teli tenda e lana grigioverde, che avevano la funzione di eliminare il riflesso della luce. Nei telini venivano cuciti i fregi in stoffa o tela oppure vi venivano semplicemente dipinti.
L'elmetto del 1916 rimase in dotazione al Regio Esercito fino agli Anni'30, quando subentrò il modello 1933 rimasto in uso fino agli Anni'80, poi sostituito dagli elmetti NATO degli Anni'90.
Affrontando la guerra in trincea e seguendo l'esempio di altre Nazioni, in Italia fu realizzato l'ELMETTO FARINA. Di forma ovale era costituito da una cupola di acciaio leggero e una piastra antiproiettile verticale formata da quattro fogli d'acciaio inchiodati. La piastra verticale poteva coprire sia la fronte che la nuca, a seconda di come veniva indossato l'elmetto. Ideato dall'Ing. Farina fu costruito a Milano in due taglie: il peso della piccola era di circa 1850gr, contro i 2250-2400gr.della grande. Ne esistevano varianti con piastre verticali arrotondate.
Con varie circolari ministeriali del 1921 1923 e 1925 si stabilirono i criteri per l'adozione di fregi metallici per gli elmetti di tutte le Armi in particolare per gli Adrian. L'elmetto rimase grigioverde fino agli Anni'30, ma con l'avvento del fascismo negli Anni'20, la maggior parte venne dipinta di nero. L'elmetto Adrian fu adottato dalla maggior parte delle Nazioni dell'Intesa, ma furono molti i Paesi che lo impiegarono anche nel dopoguerra.

BERRETTO mod. 1909
Esso era in panno grigioverde impermeabilizzato con fregio che distingueva i diversi reggimenti. Il 90°"Salerno" era a forma di tubo con una visiera con soggolo in cuoio grigioverde senza copri bordo. Numerose le varianti come la versione a scodellino mod. 1915.

MASCHERE ANTIGAS
Inizialmente i soldati italiani affrontavano i gas con pezze imbevute, nella maggior parte dei casi, della propria urina, in quanto non ancora provvisti di adeguate protezioni. Arrivarono poi quantità di respiratori inglesi, per arrivare alla polivalente Z a protezione unica. Dal gennaio al dicembre 1917, questa divenne la preminente pur se soppiantata successivamente. Rimase in quei luoghi dove gli austriaci non utilizzavano gas combinati cloro-arsine. Era custodita in scatole di latta legno o cartone. Alcune ditte, come la Società Anonima di Giuseppe Pozzi di Busto Arsizio, per risparmiare nell'ottobre 1917 produssero queste maschere con custodia di tela da fissarsi al cinturino dell'equipaggiamento.

BUFFETTIERA
Si componeva di: due paia di giberne mod. 1907 in cuoio naturale tinte in grigioverde, cinturino mod. 1891 con fibbia arcuata, bretella reggi giberne con ardiglioni, baionetta mod. 1891 con borsa in cuoio grigioverde e fodero metallico. In ogni giberna erano contenuti 4 caricatori per Carcano 91; ogni giberna doppia conteneva 8 caricatori per un totale di 48 cartucce. ogni soldato poteva quindi disporre di 16 caricatori per 36 cartucce, più dodici caricatori di riserva tenuti nello zaino. Autonomia complessiva pari a ben 168 cartucce. I caricatori erano distribuiti a pacchetti da tre ciascuno.

TASCAPANE mod. 1907
Realizzato in tela impermeabilizzata grigia doveva contenere: una pagnotta, un fazzoletto, un paio d calze di lana, gallette e vari generi alimentari in appositi sacchetti, una tazza di latta e alcuni scaldarancio. Quindi una gavetta in lamiera di ferro con copri gavetta contenente un cucchiaio e una forchetta di ferro (il copri gavetta venne abolito nel maggio 1918 e la relativa tela venne utilizzata per i telini antiriflesso degli elmetti), tre tipi di borracce da un litro.

ZAINO mod. 1907
Realizzato in tela impermeabilizzata grigia con rifiniture in cuoio naturale e metalleria imbrunita. L'involucro centrale doveva contenere due paia di mutande di lana, due camicie di tela, pezze da piede e corredo da fatica in tela bigia separato da uno scomparto, una pagnotta di pane. La tasca esterna era destinata a contenere il corredo di pulizia per gli scarponi, scarpe da riposo (poi abolite nel gennaio 1916), il necessario per la pulizia del fucile, la borsa di pulizia personale e un sacchetto di sale. Ogni tasca laterale conteneva due pacchetti di cartucce per il Carcano 91, per un totale di 72 cartucce in 12 caricatori e una scatola di carne. Il coperchio dello zaino era provvisto di due cinturini di cuoio esterni per bloccare il telo della tenda con due bastoni a tubo e mantellina grigioverde. A sinistra la tasca aveva dei cinturini per fermare uno strumento da zappatore.

SCARPONI
Realizzati con chiodatura leggera mod. 1912 con gambaletto alto. Originariamente in cuoio naturale, vennero in seguito scuriti con grasso e lucido nero. Numerose le varianti per gli occhielli, ganci e chiodatura. Molto rigidi e se non calzati con pezze rendevano insopportabile il passo del soldato.

Dal 1916 ad ogni soldato venne fornita una VANGHETTA. Nell'impugnatura sette tacche numerate distanti una dall'altra 5 cm per misurare e verificare con immediatezza lo scavo compiuto.
Documento inserito il: 10/05/2015

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