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1916. Il bilancio di un anno di guerra [ di Maury Fert ]

Nel maggio del 1916, a un anno di distanza dall''entrata in guerra dell''Italia, un''offensiva austriaca lungo le Valli del Brenta e dell''Adige colse di sorpresa le armate italiane che cedettero in più punti del fronte.
Immediatamente tornati d''attualità gli ammonimenti giolittiani circa la pericolosità della guerra, si verificarono importanti ripercussioni in sede politica: Salandra, che dopo aver voluto la guerra non nascondeva ora la sua indecisione nei confronti dello Stato Maggiore, veniva a sua volta ripagato con pari disistima dal Gen. Cadorna è costretto a dimettersi. Rimasto al potere poco più di due anni, egli fu certamente il maggior responsabile della partecipazione italiana al conflitto.
Sull''onda del clima artificioso di entusiasmo creato dai nazionalisti, egli credette nella primavera del 1915 che la guerra fosse ormai alle sue ultime battute e che comunque si sarebbe conclusa entro i primi mesi del 1916. Ma la previsione si rivelò ben presto infondatamente ottimistica e lo stesso Salandra dovette ammettere che l''intervento italiano fu forse prematuro. Più tardi egli si giustificò dichiarando che se avesse saputo dell''offensiva tedesca in corso contro la Russia si sarebbe mantenuto fuori dalla mischia.
In effetti, date le particolari condizioni del terreno prevalentemente montagnoso, il fronte italo-austriaco risultò fin dall''inizio uno dei settori più delicati dell''intero scacchiere strategico europeo. E'' vero che il Gen. Cadorna poteva contare su una larga superiorità numerica, che nei primi tempi fu addirittura di quattro a uno, ma gli avversari erano dei buoni soldati, ben addestrati, ben armati e ben equipaggiati e avevano il vantaggio di essere attestati in fortificazioni praticamente inespugnabili. Il Comando Italiano che pure mandava disinvoltamente i suoi uomini allo sbaraglio, non era in grado di attuare una strategia realmente offensiva: riusciva a respingere gli attacchi ma non aveva né la forza, né l''inventiva, e neppure i piani necessari per sfondare le linee e penetrare in territorio nemico.
Sin dal primo giorno di guerra si rivelarono determinanti la carenza di munizioni e la mancanza di adeguati approvvigionamenti.
Nonostante tutto Cadorna, che era un generale preparato, ma che come stratega non era più che mediocre, si intestardiva a ordinare continue e ripetute offensive sanguinosissime lungo l''Isonzo, ottenendo risultati insignificanti, totalmente sproporzionati in rapporto ai mezzi impiegati e al sacrificio di vite umane richiesto. Così un''intera generazione di giovani italiani venne vanamente immolata. Cadorna si illudeva che questo tipo di guerra, detta di "logoramento", potesse ottenere il risultato di sfiancare e demoralizzare il nemico. In realtà a soffrirne anche sul piano psicologico, furono soprattutto le truppe italiane.
Per il momento comunque fu Cadorna ad avere la meglio sui politici. Salandra che cercava di contrastarlo venne costretto alle dimissioni e sostituito da Boselli, un uomo debole e incapace, una scelta transitoria dettata dal compromesso.
Poche settimane più tardi, in agosto, le vicende sembravano volgere al meglio: le truppe di Cadorna conquistarono Gorizia. Ma si trattò purtroppo di un episodio isolato che non diede alcun risultato pratico e che non servì a rialzare il morale delle truppe, costrette da mesi a logorarsi in una continua e terribile guerra di trincea.
Di lì a poco sfumò anche il secondo segno di speranza: la proposta del Primo Ministro inglese Lloyd George di inviare in Italia un forte contingente di truppe anglo-francesi per scatenare una grande offensiva. La proposta venne respinta dai generali e dai governanti italiani: i primi perché offesi nella loro suscettibilità di strateghi, i secondi perché timorosi di vedersi esautorati nelle loro prerogative politiche.
Il bilancio di questo primo anno di guerra induceva al alcune considerazioni non propriamente ottimistiche: la guerra non era quella meravigliosa, esaltante, eroica avventura quale l''aveva dipinta D''Annunzio. Essa era una realtà tanto più squallida e terrificante, fatta di assalti alla baionetta, di ferite, di sangue, di morte in agguato. L''Impero Asburgico, presentato dalla propaganda come un colosso in sfacelo era invece un osso ben più duro del previsto e la vittoria, che doveva essere a portata di mano, sembrava allontanarsi sempre più.
Il morale dei combattenti italiani era sotto il livello di guardia: i soldati si battevano con ardore ma si sentivano trattati come carne da macello dagli alti comandi. Il malcontento cominciava a coagularsi in spirito di rivolta: per il momento faceva da argine alla disperazione la residua speranza che la conclusione del conflitto fosse vicina.

Nella foto i Generali Joffre Cadorna e PorroDocumento inserito il: 11/10/2015

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