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Battaglione Alpini Ceva

All'Inizio del Conflitto il battaglione Ceva occupava la linea difensiva posta alla testata della valle Aupa, a sud della Pontebbana, presidiando le posizioni situate sul Monte Cullar, Monte Crete, Monte Glazzat, Cereschiatis, quota 1223, le pendici a nord di Cima Valeri e Monte Slenza. La grande distanza che separava le linee italiane da quelle austriache, permise un largo impiego di pattuglie, che mantennero su quelle avversarie una notevole superiorità. Dall’agosto al dicembre del 1915, la 1a e la 4a compagnia del Ceva operarono alle dipendenze di altri corpi. Molte furono le azioni da esse svolte nella zona del Monte Rombon con la colonna Giardinache ricevette l’ordine di concorrere dall’alto alle operazioni del IV corpo d’armata nella conca di Plezzo, attaccando il Monte Cukla ed il Rombon. Le due compagnie del Ceva e la 3a del battaglione alpini Pieve di Teco costituirono il fulcro del battaglione speciale Bes, che attaccò le posizioni nemiche sul Cukla e sul Rombon, mentre il battaglione alpini Val d’Ellero procedeva sul vicino obbiettivo di Goricica Planina. Gli obbiettivi assegnati ai vari reparti erano i seguenti: la 1a compagnia del Ceva doveva dirigersi sul Monte Palica occupandolo, impegnare le forze che dal Rombon si fossero spinte in avanti, converge quindi sul Cukla da nord; la 3a compagnia del battaglione Pieve di Teco partendo da quota 2038 doveva percorrere il solco che dal punto di partenza permetteva di raggiungere la parte sud-ovest del Monte Cukla, tentandone làavvolgimento da quel lato. La 4a compagnia del Ceva aveva il compito di seguire il comando e venne utilizzata come riserva.Una volta raggiunto il piede del pendio roccioso situato ad ovest del Monte Cukla, le compagnie avrebbero dovuto muovere all’attacco delle posizioni nemiche. A giorno fatto, le tre compagnie muovono velocemente verso gli obbiettivi loro assegnati, coperte nella loro azione dall’artiglieria italiana, che apre il fuoco contro le posizioni avversarie. Delle impreviste difficoltà nel terreno, rallentarono la marcia della 3a compagnia del Pieve di Teco, mentre un plotone della 1a compagnia del Ceva occupò il Monte Palica, puntando successivamente sul Monte Cukla appoggiato dalla 4a compagnia. Raggiunta la base del costone di nord-ovest del monte, il plotone ricevette l’ordine di dirigersi sulla colletta situata tra il Monte Rombon ed il Cukla. L’attacco avvenne di sorpresa ed il presidio nemico fu costretto alla resa. Poco tempo dopo la posizione venne raggiunta anche dalla 4a compagnia del Ceva e qualche ora dopo anche dalla 3a del Pieve di Teco. Verso sera gli austriaci tentarono alcuni contrattacchi che vennero prontamente respinti dagli alpini. Il giorno 24, il battaglione speciale Bes venne rilevato dal Val d’Ellero e si trasferì sul versante orientale del Monte Palica, ove rimase per tre giorni, al termine dei quali venne destinato con il battaglione Val d’Ellero ad un’operazione contro il Rombon. L’obbiettivo della 1a e 4a compagnia del Ceva, consiteva nel raggiungere la vetta del monte sul versante ovest. Prima dell’alba, qusttro pattuglioni di arditi, per un totale di circa cinquanta uomini, iniziarono una marcia di avvicinamento alle posizioni austriache, seguiti a circa mezz’ora di distanza da due plotoni della 1a compagnia, diretti verso quota 2105 del Romboncino e da due plotoni della 4a compagnia diretti sul versante sud della stessa quota. A circa un’ora di distanza seguivano i restanti reparti delle due compagnie. Nel frattempo, le pattuglie giunsero a contatto con gli apprestamenti difensivi nemici, dove vennero accolti da un nutrito lancio di bombe a mano, scariche di fucileria e da una scarica di grossi sassi preventivamente approntati dai difensori. Solo due pattuglie riuscirono nella mattinata a raggiungere la vetta del monte. Vennero quindi inviati loro dei rincalzi per meglio difendere le posizioni acquisite. Nel frattempo la 3a compagnia del Pieve di Teco, con una serie di assalti alla baionetta riuscì ad occupare due trincee nemiche. Si tentò quindi di conquistare quota 200, ma la furiosa reazione nemica non consentì di ottenere anche questo successo e gli alpini vennero ricacciati sulle posizioni di partenza. Dopo un periodo di tre mesi passati nelle posizioni del Monte Rombon, e dopo aver partecipato ad altre azioni nel corso del mese di dicembre, il battaglione speciale Bes venne sciolto e le compagnie che lo formavano rientrarono alle proprie unità.Fino alla seconda metà del mese di febbraio del 1916, Il Ceva continuò a presidiare il sottosettore della Valle Aupa. Il 24 dello stesso mese, cedette la 98a e la 116a compagnia, che vennero utilizzate per formare il nuovo battaglione alpini Monte Mercantour. Le restanti compagnie si trasferirono nella conca di Plezzo: qui giunte vennero destinate al presidio del sottosettore Palica-Romboncino. Continue nevicate resero problematiche le comunicazioni, rendendo disagevole la permanenza in trincea delle truppe poste a presidio, costrette ad un continuo lavoro per mantenere efficienti le difese e provvedere al rifornimento di viveri e munizioni ai difensori. Il 6 marzo, in seguito ad una nevicata più abbondante del solito, venne deciso di abbandonare il Romboncino, che venne rioccupato tre giorni dopo, superando non poche difficoltà derivanti dalle avverse condizioni metereologiche, e dalla resistenza opposta dal nemico. Il 20 marzo mentre il battaglione alpini Bassano attaccava frontalmente il Monte Cukla, il Ceva lo appoggiava con il proprio fuoco, riuscendo ad occupare le trincee più avanzate ed inviando delle pattuglie ardite; nonostante tutto, l’azione non ebbe successo e venne sospesa. Dopo qualche tempo, a seguito di alcuni parziali successi austriaci, il comando della 24a divisione decise di tentare la riconquista della vetta del Monte Cukla. La sera del 10 maggio, tutte le artiglierie della divisione, appoggiate anche da quelle posizionate in Val Raccolana e Za Plecam, iniziarono il fuoco di preparazione, mentre nel settore dello Slatenik e nella conca di Plezzo, dei pattuglioni si spinsero verso i reticolati austriaci. Il nemico aprì il fuoco contro le truppe avanzanti con fucili e mitragliatrici, e le sue artiglierie iniziarono ad aprire il fuoco contro le nostre artiglierie e sulle nostre trincee. Circa un’ora più tardi, tutta la linea italiana compresa dal Sacro Cuore a quota 1583, iniziò ad avanzare verso le linee avversarie: il Ceva operò contro la colletta del Cukla e le alture situate a nord di essa; i battaglioni alpini Saluzzo e Bassano direttamente contro il Cukla ed il battaglione Val Camonica contro la parte superiore di quota 1583. In un unico balzo, il Saluzzo e la 62a compagnia del Bassano, furono sui trinceramenti nemici. Dopo dura lotta il Cukla fu preso. Per consolidare le posizioni, si tentò di distarrre il nemico con una massiccia azione dimostrativa sul boschetto di quota 700 e di quota 900, procedendo nel contempo con un’offensiva sulle due ali. Il Val Camonica attraversando un difficile terreno sotto il fuoco nemico, riuscì verso sera ad impadronirsi di gran parte di quota 1573; poco più tardi il battaglione Ceva conquistò la colletta Cukla, raggiungendo le falde del Rombon , nonostante la tenace resistenza nemica. L’azione cessò la mattina seguente, per permettere alle truppe di riprendere fiato e per rafforzare le posizioni conquistate in precedenza. L’11 ed il 12 maggio, gli austriaci tentarono per ben quattro volte di riconquistare le posizioni perdute senza riuscirci. Il 20 maggio il Ceva si riun’ a Serpenizza dove trascorse un breve periodo di riposo: il 12 giugno il battaglione venne rimandato a presidiare il sottosettore già assegnatogli precedentemente, dove venne impiegato in azioni di routine: invio di pattuglie in perlustrazione, scavo di gallerie e costruzione di mulattiere. Verso la metà di settembre venne ripresa l’offensiva sul Carso, alla quale concorsero anche le truppe operanti nella conca di Plezzo. Il 16 settembre le compagnie del Ceva a disposizione del comando delle truppe di Monte Rombon erano così dislocate: la 1a presso il punto 7, la 4a a metà strada fra il Sacro Cuore ed il Romboncino, la 5a dietro quota 2105. All’alba del 17 settembre, ebbe inizio la marcia di avvicinamento all’obbiettivo:nonostante il chiarore lunare, un plotone riuscì a raggiungere le immediate vicinanze della vetta più alta del Monte Rombon, trovandosi a contatto con un munito trinceramento nemico. I difensori, già pronti a ricevere un eventuale attacco, fecero segno gli alpini di un lancio di bombe a mano, mentre da un’altura attigua, i nostri vennero presi di mira sul fianco destro dal fuoco avversario. Numerose squadre comparse dal nulla, facendo leva con dei pali di ferro, fecero rotolare a valle dei grandi massi precedentemente preparati. A questo punto gli alpini, vista l’impossibilità di portare a termine la loro azione, si riportarono sulle posizioni poste più a valle. Nel contempo altre azioni si svolsero non molto distante: un reparto della 1a compagnia del Ceva, tentò ripetutamente di risalire un canaloneche conduceva alla vetta, ma poichè gli uomini erano costretti a passare in un punto obbligato difeso da una mitragliatrice ben appostata, si dovette desistere. Maggior fortuna, anche se temporaneamente, l’ebbe un altro reparto della medesima compagnia, che con l’aiuto di corde manilla riuscì a sorpassare i Roccioni sovrastanti il punto 7, stabilendosi su un breve tratto di costone, dal quale viene inviata in avanti una compagnia del battaglione alpini Bicocca, operante nella zona. Poco tempo dopo a causa del ripiegamento di quel reparto, e del violento fuoco difensivo opposto dal nemico, anche la compagnia del Ceva rientrò alle posizioni di partenza. Dal 10 ottobre al 5 novembre il battaglione venne inviato a Serpenizza per un periodo di riposo, al termine del quale ritornò in linea sulle posizioni del Monte Cukla, dove fino alla fine del 1916 non accadde nulla di importante. Il 12 gennaio 1917 il Ceva ridiscese a Serpenizza e il 17 venne trasferito a Qualso, a disposizione del Comando Supremo. Assegnato alle unità alpine del XX corpo d’armata, l’11 febbario partì in treno da Tricesimo giungendo a Pove, nei pressi di Bassano, dove il battaglione venne riordinato, per poi risalire verso la metà di marzo in val Brenta, dove si accampò a Roccolo Cattagno, sull’altopiano dei Sette Comuni. Rilevato il battaglione alpini Verona nelle posizioni fronteggianti Monte Chiesa, il Ceva compì un turno di trincea alle dipendenze del 1° gruppo alpini, fino al 10 maggio. Ridisceso a Roccolo Cattagno, passò, dal 1° al 2° gruppo alpino, presso il quale rimase fino ai primi di giugno, quando il Comando Supremo decise di riprendere l’azione offensiva sospesa per il sopraggiungere dell’inverno nel 1916. Il 7 giugno il battaglione lascia Malga Moline e passando per Campoluzzo e Busa Fonda di Moline, l’8 giugno raggiunge la località di Crocetta. Il mattino del 10 ha inizio il bombardamento metodico da parte della nostra artiglieria: Monte Chiesa, Monte Campigoletti, Monte Ortigara appaiono ricoperti da una fitta cortina di fumo prodotta dalle esplosioni prodotte dai proiettili delle bombarde. Nel pomeriggio, dopo l’intensificarsi dal bombardamento di preparazione, più di venti battaglioni di alpini vengono inviati all’assalto delle posizioni nemiche. Il Ceva, che nel frattempo su ordine del 2° gruppo alpino, aveva lasciato durante la notte Crocetta, raggiunse in un primo momento la linea di vigilanza, per poi portarsi a rincalzo del battaglione alpini Mondovì, che nel frattempo era giunto sulle pendici del Monte Campigoletti e a Corno della Segala. Un fuoco incrociato di mitragliatrici ed artiglieria, costringe i reparti del Ceva che presidiavano un cocuzzolo chiamato il Groviglio, a ritirarsi dopo aver subito numerose perdite. Verso sera, i battaglioni alpini Bassano, Monte Baldo, Monte Clapier e Val d’Ellero, frammischiatisi, sfondarono le difese nemiche riuscendo ad affermarsi tra quota 2101 e il Passo dell’Agnella, mentre i battaglioni Tirano e Monte Spluga giunsero di rincalzo. La sera del 12 giugno, il battaglione Ceva lasciò nuovamente la Crocetta per recarsi a Busa Fonda di Moline, dove rimase fino al giorno 17, ricevendo ed inquadrando nuovi complementi. All’alba del 19 dopo un lungo bombardamento di preparazione, i battaglioni alpini Monte Saccarello, Val d’Arroscia, Mondovì, Ceva, Monte Mercantour, e Val Tanaro sferrano un poderoso attacco concentrico: da nord parte dalla quota 2101in direzione del costone risalente a quota 2105; dal centro dalla Pozza dell’Agnellizza in direzione della vetta di quota 2105; da sud per i solchi dei Ponari verso la vetta di quota 2105. In poco meno di un’ora, questa viene conquistata. Il Ceva ricevette quindi l’ordine di rincalzare il bataglione Verona, giunto alla quota 2105, il Ceva raggiunge quindi la quota 2101, e quindi la quota 2105, trovandola già presidiata da reparti dei battaglioni Monte Baldo, Verona e Mondovì. Si procedette subito al rovesciamento delle trincee e al collegamento con le colonne laterali. Il mattino e il pomeriggio del 20 giugno, l’artiglieria austriaca tepestò di proiettili le postazioni tenute dagli alpini del Ceva causando gravissime perdite, a tal punto che il battaglione dovette essere rimpiazzato e inviato a sostare nei pressi del passo dell’Agnella. Il 23 giugno, raggiunse nuovamente Busa Fonda di Moline, dove rimase fino fino alla notte sul 25, quando il nemico, dopo aver intensificato il bombardamento preparatorio, lanciò all’assalto battaglioni muniti di gas asfissianti, lanciafiamme e bombe a mano, riuscendo ad accerchiare i battaglioni Verona, Val d’Arroscia e Bicocca, oltre ad un battaglione di bersaglieri che difendevano la cima dell’Ortigara, che cadde nuovamente in mani nemiche. Il battaglione Ceva, non ancora in piena efficienza, partì nuovamente alla volta di Crocetta, dove, dopo una breve pausa, proseguì per il vallone di Baita, per poi portarsi in prossimità delle pendici est dell’Ortigara. Dopo la decisione del comando di passare al contattacco, al Ceva venne ordinato, in collaborazione con il 3° battaglione del 10° reggimento fanteria, e ai battaglioni alpini Val tanaro e Monte Stelvio, di rioccupare i costoni sud del Monte Ortigara. L’attacco ebbe inizio alla sera e venne condotto essenzialmente dalla 4a e dalla 5a compagnia che, con alcuni loro plotoni riescono a porre piede nelle trincee nemiche, dalle quali sono però ricacciate dal violento fuoco difensivo. Anche sul resto della fronte, i reparti attaccanti vennero respinti dal tiro preciso delle mitragliatrici austriache. Il mattino seguente i resti del Ceva scesero lungo il Vallone di Baita, da dove raggiunsero Busa Fonda di Moline, dove vennero impiegati in lavori di rafforzamento delle opere difensive e quindi, il 9 luglio vennero inviati a Osteria alla Barricata per riordinarsi. Il 13 dello stesso mese, il Ceva scese a Primolano, in Val Brenta, da dove si trasferì per ferrovia a Thiene; l’8 di agosto prese posizione nel sottosettore Monte Caviogio-Redentore, dove rimase fino al 14 ottobre senza effetuare azioni particolari. Il 16 ottobre, da Coltrano, suo punto di concentramento, il battaglione venne inviato per ferrovia a Cividale, per poi proseguire a bordo di autocarri per la Valle Uccea, essendo il 2° gruppo alpini passato alle dipendenze della 50a divisione. All’inizio della grande offensiva nemica, il Ceva si trovava posizionato nel settore Banjski-Skedenj, sulla riva destra dell’Isonzo avendo la 4a compagnia a disposizione nel settore di Saga, in fondo alla valle. Questa compagnia nella notte del 23 ottobre ricevette l’ordine di mettersi a disposizione della brigata Friuli a Pluzne. Il movimento venne effettuato durante un bombardamento condotto principalmente con granate a gas; in tal modo la compagnia raggiunse la brigata Friuli solo la mattina seguente, mentre questa stava ripiegando a causa di un violento attacco sferrato da forze nettamente superiori. Quindi la 4a compagnia del Ceva si schierò sulle alture antistanti Pluzne e da tale posizione prese contatto con il nemico lungo un fronte di trecento metri. Più volte i reparti d'assalto nemici tentarono di conquistare la posizione senza riuscirvi: gli alpini riuscino nell’occasione a catturare anche dei prigionieri. Dopo alcune ore di lotta accanita, nel corso delle quali le postazioni vennero sottoposte a bombardamenti d’artiglieria e con granate a gas, falciate dal tiro delle mitragliatrici, la compagnia era ormai ridotta ad un terzo della sua forza. Piuttosto che retrocedere o arrendersi, il comandante condusse i superstiti in un ultimo assalto, nel corso del quale egli stesso perì alla testa dei suoi alpini. Il resto del Ceva nel frattempo era intanto ripiegato sul costone sud del Monte Guarda dove cercò di stabilire un collegamento con i reparti della 36a divisione , sbarrando la Valle Uccea con la 1a compagnia, che il giorno successivo venne attaccata e dispersa da forze nemiche molto superiori di numero; l'altra compagnia ripiegò verso Monte Kaal e Monte Kila. La rapida avnzata austriaca infranse le nostre difese e soltanto piccoli nuclei riuscirono a porsi in salvo aprendosi un varco per Stazione per la Carnia, Tolmezzo e Cavazzo carnico. I pochi superstiti del battaglione Ceva, raggiunsero Meduno e con i resti del 2° gruppo alpini, per Stevenà, Cittadella di Conegliano e altre tappe, si trasferirono a San Giorgio di Mantova, e successivamente a Vernasca, in provincia di Piacenza, dove il 30 novembre il battaglione Ceva venne sciolto. Gli ufficiali e gli alpini superstiti vennero inquadrati nel battaglione Mondovì del quale formarono la 10a compagnia.


Nell’immagine, distintivo del battaglione alpino Ceva..Documento inserito il: 04/01/2015

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