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1917. Cadorna defenestrato [ di Maury Fert ]

Nell''estate del 1917 l''Italia si trovò a dover sostenere uno sforzo tremendo, in particolare sul fronte interno. Scarseggiava il cibo, mancavano le riserve di carbone, ed il governo era riluttante a introdurre misure di austerità che invece, alcuni politici più lungimiranti, invocano a gran voce.
I salari degli operai costretti nelle fabbriche a lunghi e faticosi turni di lavoro, si assottigliavano sempre di più a causa del progressivo aumento del costo della vita e per colpa di colossali e scandalose manovre speculative.
Fra la gente delle campagne l''entusiasmo della guerra, già tiepido fin dall''inizio, andava ulteriormente affievolendosi.
Un autorevole sostegno agli spiriti pacifisti della maggioranza della popolazione giunse dalla Cattedra di Pietro: in agosto, Papa Benedetto XV tenne un''allocuzione in cui implorava la fine della guerra e scongiurava gli Stati belligeranti di far cessare "l''inutile strage".
Dall''altra sponda del Tevere, con accenti diversi ma con propositi analoghi, gli fecero eco i giolittiani e numerosissimi socialisti, con Turati alla testa.
Quando poi in ottobre si abbattè sul Paese come un fulmine a ciel sereno la catastrofe di Caporetto, furono in molti a considerarla come la logica conseguenza della crisi interna che si rifletteva sul morale delle truppe. Essa in realtà fu anche il frutto delle incertezze, degli errori e della pochezza strategica di Cadorna e dei comandi superiori.
Il crollo della Russia permise agli austriaci di concentrare gli sforzi sul fronte italiano, rinforzando il proprio schieramento grazie all''apporto di un''intera divisione tedesca.
La logica più elementare avrebbe voluto che, a questo punto, gli italiani opponessero a un nemico più forte una tattica essenzialmente difensiva, operando eventualmente ripiegamenti e aggiustamenti di un fronte troppo esposto. E invece a metà ottobre Cadorna lanciò un''ennesima imponente offensiva, che scoprì i fianchi dello schieramento italiano, permettendo agli austro-tedeschi di sfondare le nostre linee nella zona di Caporetto.
Quando la ritirata si era ormai trasformata in rotta, Cadorna ordinò alle truppe di attestarsi in difesa sul Piave: 700.000 soldati dovettero così ripiegare e 400.000 civili furono costretti a lasciare le loro case per cercare nelle retrovie un ricovero d fortuna e un po'' di cibo. L''onore delle armi italiane non era mai caduto così in basso.
Gli alti comandi si preoccuparono di stornare da sé la responsabilità del disastro e di trovare dei capri espiatori.
In un dispaccio rimasto tristemente famoso, Cadorna non esitò ad accusare di vigliaccheria i suoi soldati. Così facendo vibrò un duro colpo alla sua stessa reputazione di generale, contribuendo nel contempo a far apparire più grave e addirittura irreparabile la tragica rotta.
La successiva inchiesta condotta dal Gen. Caneva sulle ragioni della catastrofe, attribuirà sì gran parte della colpa per la sconfitta di Caporetto al diffuso scoramento delle truppe, ma dovrà ammettere che a provocare tale scoramento fu proprio il "SADISMO MISTICO" del Gen. Cadorna.
Le ripercussioni psicologiche del rovescio di Caporetto furono enormi: persino il Re, per un momento, pensò di abdicare. Ma i politici più illuminati mantennero i nervi saldi.
Il timore di una dilagante invasione nemica e l''ipotesi di una sconfitta umiliante, convinsero anche i parlamentari più tiepidi come Turati e gli stessi neutralisti come Giolitti, ad unire i loro sforzi per superare il difficile momento.
Da ogni parte si moltiplicarono le forze per mobilitare l''entusiasmo popolare. E così, forse per la prima volta nella sua storia, l''Italia si trovava unita per fronteggiare il comune pericolo.
Venne formato un nuovo governo di emergenza nazionale sotto la guida di Vittorio Emanuele Orlando e con la partecipazione del socialista Bissolati. Quindi, nonostante la riluttanza di Re Vittorio Emanuele III, si provvide a sostituire Cadorna con un generale più giovane e deciso: Armando Diaz.
Nel frattempo arrivarono sul Piave contingenti inglesi e francesi con il dichiarato proposito di rinforzare il fronte: in realtà la loro vera missione era quella di risollevare il morale delle nostre truppe. In quest''occasione Orlando respinse l''offerta dei francesi di costituire un comando unico alleato: la proposta gli parse inopportuna forse perché suonava come un atto di sfiducia nei generali.
Quando più tardi gli austriaci sferrarono un secondo attacco, Diaz riescì a tenere la linea del Piave evitando così un nuovo collasso.
Questo episodio si rivelerà determinante: ridarà fiducia all''esercito e gli permetterà di riorganizzarsi per la vittoriosa offensiva dell''anno seguente.
Documento inserito il: 19/07/2015

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